La diffusione delle Fake News sembra inarrestabile. Che il mondo digitale sia ormai perfettamente integrato nelle nostre vite è un dato di fatto; informazione, svago e lavoro, si distanziano dai noi con un semplice click e rimanere aggiornati su quello che accade nel mondo non è mai stato così facile.
Sono sempre di più, infatti, le News apprese attraverso l’uso della rete, favorendo il crearsi di un’opinione pubblica sempre più informata, ma rendendo più difficile per i lettori, distinguere informazioni attendibili da notizie poco affidabili; le sempre più diffuse Fake News.
A tutti noi è capitato di imbatterci, spesso e volentieri, in notizie dai titoli accattivanti e in alcuni casi sconvolgenti e, incuriositi, di averci cliccato sopra per scoprirne di più, cadendo così nella trappola delle Fake News. Trappole, sì, perché tutto quello che ci appare è stato messo lì apposta per noi, seguendo il nostro feed e i nostri interessi. Le parole-chiave? Click e visualizzazioni.
Esistono diversi modi per riconoscere le Fake News, eppure molti continuano a cascarci. Come mai? Quali sono i fattori determinanti che spingono le persone a credere a una notizia online anche se inequivocabilmente assurda? Spesso è proprio questa stravaganza che ci cattura, più una notizia sembra improbabile, più ne siamo attratti.
“Da qui un’opinione pubblica miscredente, o superstiziosamente disposta a credere a un linguaggio onirico, generalmente ambiguo e volutamente non decodificabile, che però opera sulle credenze, sui simboli e, quindi, sull’inconscio delle persone.” Benedetta Baldi ne “Complotti e raggiri: verità, non verità, verità nascoste”
Questo mondo digitale ci ha abituati al tutto e subito, da qui l’importanza dell’essere i primi a divulgare una notizia, non curanti della sua veridicità, dando la precedenza al numero di “click” ricevuti piuttosto che all’attendibilità delle fonti. Tranello in cui non cadono solo gli utenti, ma anche testate più o meno note. Non è raro infatti che anche personaggi di una certa autorevolezza, per attrarre più persone possibili sui propri siti o profili, condividano notizie errate o addirittura creino apposta Fake News puntando sulla sensibilità e sulla curiosità delle persone.
Uno studio del MIT ha dimostrato che su Twitter le fake news viaggiano sei volte più velocemente della verità.
Ma come si è sviluppata questa situazione nel mondo dei social?
Clickbait: “Contenuto il cui scopo principale è attrarre l’attenzione e spingere i lettori a cliccare sul link di una determinata pagina web” così sono stati definiti i clickbait dall’Oxford Dictionary.
La traduzione letterale sarebbe “esca da link” e non potrebbe essere più azzeccata. Le esche in questo caso sono i titoli, spesso eccessivamente caricati, che oltre a presentare il contenuto dell’articolo, hanno una funzione seduttiva nei confronti del lettore, volta principalmente a far “abboccare” l’utente che naviga in rete.
Il clickbait nasce come inoffensivo, uno dei tanti metodi utilizzati nel marketing per attirare i lettori. Nel corso del tempo però il clickbaiting ha assunto fattezze meno innocue, quando sempre più creators ne hanno fatto uso per portare l’utenza ad aprire link contenenti articoli di scarso valore, in netta contrapposizione col seducente titolo che li aveva attirati inizialmente.
Per quanto sembri assurdo, diverse ricerche, tra cui uno studio della Columbia University, affermano che la maggioranza degli utenti, soprattutto nell’universo dei social network, condivide un articolo dopo averne letto unicamente il titolo, senza curarsi di aprirne il contenuto, figuriamoci leggerlo! Ecco che un contenuto mediocre trova spazio nel web e diventa virale.
Gli utenti della rete vengono giornalmente tempestati di informazioni, questo porta inevitabilmente l’attenzione del lettore a venir meno, inducendolo a passare da un’informazione all’altra, soffermandosi raramente su una in particolare e mantenendo un livello di concentrazione superficiale. Per questo motivo i clickbait diventano la strategia primaria utilizzata dai creators per farsi spazio in mezzo alla mischia.
Un ruolo importante in questa “battaglia all’ultimo click”, come è stata più volte definita, lo giocano le emozioni. Proprio a queste, infatti, puntano i creators quando devono scrivere un titolo d’impatto. Stupore, commozione, gioia e paura sono gli ingredienti principali da aggiungere al calderone.
Inutile dire insomma, che per evitare la diffusione di Fake News di qualsivoglia natura, è bene controllare le fonti prima di condividere un link, un articolo o semplicemente un post su FaceBook. Se qualcosa sembra formulato solo per fare pressione sull’emotività di una persona, è molto probabile che lo sia.