La Sostenibilità nelle parole degli italiani - di Laura Cantoni

La Sostenibilità nelle parole degli italiani

 

Come gli italiani definiscono la Sostenibilità, con le loro proprie parole?

Una ricerca di Astarea in tema di Sostenibilità, innovativa nel merito e quindi anche nei risultati.

 

 

La visione della Sostenibilità

 

Nel metodo: perché basata su un campione statisticamente solido di rispondenti (980 casi, rappresentativo della popolazione italiana dai 18 anni in su), che hanno risposto spontaneamente.

Nel merito: un approccio quanti-qualitativo profondamente integrato che ha permesso di individuare il micro-racconto implicito di ogni affermazione, attraverso l’applicazione di un modello interpretativo ad hoc, che ha distinto il tema in questione (ad esempio, le risorse), le azioni ad esso associate (ad esempio, limitare l’uso) e i fini perseguiti (ad esempio, preservare accesso nel futuro): un approccio che fa emergere modelli di ragionamento spontaneamente espressi e sedimentati, e destinati per questo a inquadrare il vissuto della Sostenibilità anche a venire.

 

I risultati, pur non sorprendenti a pensarci bene, non hanno deluso le attese, a partire dal 30% di risposte incomprensibili, non pertinenti o chiaramente rubate da internet.

 

La Sostenibilità è prevalentemente associata all’Ambiente (26%), come peraltro confermato da altre ricerche, concordi nel mostrare la minore attenzione degli italiani per la dimensione sociale e quella economica del tema.

 

Al tempo stesso, l’interpretazione green della Sostenibilità viene correlata nella larga maggioranza dei casi all’azione del controllo, e minoritariamente ad un racconto di rispetto e cura. La focalizzazione sul tema ambientale genera quindi un approccio di tipo resistenziale, dominato dal senso di degrado e dalla paura che ne deriva: mantenere il possibile e salvare il salvabile. A conferma: solo una minoranza considera la Sostenibilità un veicolo di benessere (15%) e di promozione della qualità della vita (6%), mentre prevale la richiesta opposta di protezione (34%).

 

Una disposizione non solo orientata alla salvaguardia dello status quo emerge però a proposito delle “risorse”. Scisso fra la necessità di ridurne l’impiego per non pregiudicarne la disponibilità futura e l’opportunità di ripensare complessivamente le strategie di approvvigionamento, il tema appare in bilico fra una visione prevalentemente tattica e una strategica di lunga gittata (a maggior ragione, in quanto le interviste sono state svolte prima della conflagrazione bellica del 2022)

Il tema delle risorse appare quindi una porta d’ingresso preferenziale per riconfigurare il discorso sulla sostenibilità, shiftando da un’ottica orientata al mantenimento verso la progettualità.

 

Appare invece in controtendenza il racconto della Sostenibilità qualora sia considerata come fatto sistemico e non solo ambientale, cioè comprensivo degli aspetti sociali ed economici, visti nella loro interazione. Sebbene queste risposte siano nel complesso minoritarie (10%) prevale una volontà proattiva, volta a implementare processi di miglioramento.

In particolar modo rientra in quest’area l’aspettativa di un modello socioeconomico capace di offrire condizioni di lavoro anche economicamente più vantaggiose. Parallelamente, assume maggiore peso l’orientamento al benessere e al futuro, finalità prevalenti solo quando si parla di Sostenibilità come “sistema”.

 

Emerge quindi nel complesso un’adesione al tema della Sostenibilità, considerata prevalentemente in termini difensivi, mentre viene associata a uno scenario evolutivo di benessere condiviso e anche personale (non solo “Good for the World”) solo dalla minoranza che condivide una visione sistemica.

Questo deficit complessivo di motivazioni positive, quindi, appare insufficiente ad indurre nella popolazione un’adesione comportamentale che favorisca il tanto auspicato cambiamento di paradigma.

 

Non a caso la parola “rigenerare”, tema chiave nel dibattito più avanzato sulla Sostenibilità, compare solo 8 volte su 980 casi analizzati, mentre l’indicazione esplicita di un fine associato ai temi e alle relative azioni compare solo in 237 casi, vale a dire in meno del 24% dei casi – a dimostrare la scarsa percezione delle sue potenzialità nei diversi piani di vita.

 

Si agisce, quando lo si fa, perché si deve, ma troppo spesso senza avere presente il perché, di là dal rischio di catastrofe nascosta dietro l’angolo, mentre un approccio costruttivo subentra quando gli italiani si sentono direttamente toccati, anche sotto il profilo socioeconomico. In sintesi: la sostenibilità è più la difesa da diseconomie che non la possibilità di vita migliore e di benessere, anche qui ed ora.

 

 

 

Il ruolo delle imprese

 

Mentre l’approccio ambientalista, à la Greta, rivela al tempo stesso la propria urgenza e i propri limiti, emerge chiaro il ruolo comunicativo delle Imprese.

 

Fra le richieste riguardo i canali di comunicazione sulla Sostenibilità preferiti si citano nella maggioranza assoluta dei casi (58%) piattaforme riconducibili all’Impresa (etichette, siti, mail, advertising, brochure), indicando al contempo la necessità di un cambio di approccio: mentre la produzione in generale viene considerata prevalentemente nell’ottica di riduzione dell’impatto, in prospettiva si chiede alle Imprese di andare oltre il contenimento del danno, proponendo piuttosto modelli di innovazione dei processi lungo l’intera catena del valore.

 

In particolar modo all’area del consumo, entro la quale si auspica la riduzione degli sprechi ma si esclude una deriva di “decrescita felice”, viene delegato il compito di proporre un rinnovamento qualitativo dell’offerta capace di coniugare il “Good for the Planet” e il “Good for You”, quindi costruendo benessere e influenzando, in the long run, anche il life style.  Significativamente, il 31% chiede informazioni sulla natura sostenibile dei prodotti direttamente sulle etichette e sulle confezioni, eventualmente anche attraverso il codice QR.

 

Si apre così il tema di come comunicare la Sostenibilità, coniugandola con il mondo del consumo. Una sfida complessa, resa ancora più difficile dalla percezione diffusa che qualsivoglia contenuto veicolato sconti un deficit di credibilità e capacità informativa. Significativamente, quasi un terzo degli intervistati (27%) ancor prima di informazioni specifiche chiede alle imprese dei ragionamenti complessivi, racconti o argomentazioni, che permettano loro innanzitutto di capire e di credere.

 

Non solo dati, ma anche attestati; non solo buone intenzioni nel non nuocere, ma anche attività per costruire; non solo prassi, ma anche racconti che traccino una direzione e un orizzonte della Sostenibilità. Anche a livello di comunicazione si prefigura la necessità di pensare a un nuovo format: un cambio di paradigma linguistico. Avere ben presente cosa gli Italiani realmente pensano appare essenziale per costruirlo con gli strumenti più appropriati.

 

Laura Cantoni, CEO di Astarea

 

 

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