Umano in che senso? di Clara Origlia
Umano in che senso? Perché? New normal? New human? Dove? Come? Quando? Online? On life? Tranquilli…la vita è ‘reale’. Il futuro è ‘umano’.
L’umano e l’umanità diventano tema di riflessione in qualche convegno, ogni tanto. Ma è raro che diventino il tema di riflessione di un intero evento. Anche se si parla di umanità, o di empatia, di riumanizzare la vita o di umanizzare l’azienda o la marca.
Quando si parla di ‘Umano’ oggi occorre precisare: rispetto a cosa, in che senso, e perché se ne parla?
Ho l’impressione che ci sia sempre più bisogno di contestualizzare e di giustificare il fatto che se ne parli. Ma perché?
Ci stiamo dimenticando del fatto che siamo umani? Aspiriamo ad altro? Troviamo che l’umano è limitato? Ce ne vergogniamo? Si direbbe di sì.
Si parla di un ritrovato ‘bisogno’ di umanità in relazione all’esperienza della pandemia che ha scardinato molte certezze, abitudini e modificato i nostri comportamenti. Ed alcuni nostri valori.
Si parla di ‘umano’ in relazione alla guerra. Questa ci tocca direttamente. Può essere davvero e, definitivamente, devastante. E questo scatena paure vere, profonde.
Nel marketing si parla di H2H, ‘Human 2 Human’, come nuova categoria accanto a B2B o B2C…Se ne parla in relazione alla ‘diversità’. Si parla di ‘umanizzare’ l’azienda. O la marca. E di ‘design for all’ o ‘design around the user’.
Si parla di come intercettare il consumatore, come mapparlo meglio, come analizzare ancora più finemente bisogni, aspettative e comportamenti, per accompagnarlo meglio nella sua ‘experience’ (come shopper o come user).
Si parla di ‘experience’ o di Experience con la maiuscola. In entrambi i casi nulla di più umano!
Si parla di umanità in relazione alla tecnologia, rispetto al tema dell’IA, Intelligenza Artificiale.
I temi caldi di oggi sono però l’intelligenza artificiale e il Metaverso. Non l’umano.
Come se l’umano fosse già superato.
Il rischio che molti commettono (compresi i Clienti e gli utilizzatori di ricerche) è quello di fare zapping sul presente perché il futuro sembra più allettante, e comunque diverso.
Effettivamente, se ci si focalizza fortemente sul futuro, il corpo fornisce la dose di adrenalina necessaria OGGI, NOW a darci il coraggio di procedere nell’incertezza, a eliminare i dubbi, a passare all’azione.
Ma poi, una volta che è finito l’effetto ….?
La partnership ricercatore – cliente: un’esperienza professionale ‘unica’ intorno all’umano, e all’esperienza umana.
Il ricercatore ha un ruolo fondamentale nel sensibilizzare il cliente sui rischi della fuga in avanti. Così come sui rischi di un’attività di ricerca improvvisata, frettolosa. O di un DIY non assistito. O di un procedere in maniera discontinua. Qualche esempio.
- Buttarsi a corpo morto nel futuro è un rischio per chiunque. Prima di occuparsi di futuro qualsiasi utilizzatore di ricerca, poco importa la taglia, il settore di mercato, l’essere local o global, dovrebbe effettuare una vera full immersion in quelli che sono gli aspetti più umani del proprio mercato. Ci riferiamo agli aspetti fisici, esperienziali, emotivi, psicologici, comportamentali e sociali che caratterizzano l’esperienza di consumatori e utenti, con prodotti marche luoghi e servizi…nella vita vera. Altrettanto importante è farlo anche in relazione alla storia della propria azienda. Guardando alle tappe del suo percorso. Alle ambizioni realizzate e non. Alla mission (quella vera, se ce n’è una). Al potenziale identificato e a quello meno conosciuto, o meno valorizzato.
- Fare ricerca male, farne poca, farne troppa, farne un po’ e poi non utilizzarla. Fare shopping di dati per poi non farne niente. Sappiamo che lo shopping può avere un effetto temporaneamente esaltante, sappiamo che è un efficace antidepressivo, ma che può diventare addictive quando si dà agli ‘spender’ l’impressione di aver fatto un acquisto esclusivo, irrinunciabile. In questo caso sembra però che sia più importante il ‘comprare’, un prodotto (o uno strumento) che promette l’acquisizione di una conoscenza. Che non l’acquisizione della conoscenza stessa, e la sua messa in pratica nella vita vera.
- Non basta neppure aver fatto una grossa e costosa ricerca in passato (quella specie di Bibbia, che però nessuno consulta più) alimentata in seguito da parziali attività di documentazione, interne.
- Non bastano archivi di ricerche realizzate ma mai utilizzate…per dire che si fa ricerca. Clienti, aprite i vostri cassetti o i vostri archivi. Troverete materiale del passato forse ancora utile (qualche decennio fa ogni rapporto era l’equivalente di una tesi di laurea… e in maniera scherzosa qualcuno diceva che le ricerche si vendevano a peso). Era una battuta. Ma sicuramente il contenuto era ricco e ben documentato. Potrebbero ancora oggi rappresentare una base per un’analisi evolutiva di un mercato, di una categoria di prodotto, di abitudini e comportamenti di consumo, e del rapporto con marche e prodotti.
Il passato non va buttato via solo perché è passato. Può contenere un capitale di conoscenza ancora valido. E custodire, ancora oggi, pepite di umanità e intuizioni vive e fragranti.
Poi i rapporti di ricerca sono diventati sempre più leggeri. Effimeri. Poco sazianti anche se visivamente più piacevoli e illustrati. Nel peggiore dei casi, una volta consumati, risultano sì più digeribili ma lasciano poche emozioni. Poca ispirazione. Il passato recente va comunque rivisitato, in maniera critica e con un occhio attento alla effettiva utilità ed attualità. Non basta il fatto che qualcosa sia ‘recente’ per dire che è automaticamente utile o attuale.
Questi esempi confermano la necessità di rinnovare l’esperienza di ricerca, conoscere e sperimentare metodologie nuove ed efficaci. Non ancora utilizzate in diretta. O solo assaggiate.
La conoscenza del consumatore va riattualizzata ogni volta che è possibile.
Quando parliamo di ‘conoscenza’ ci riferiamo non solo all’aspetto cognitivo, ma anche e soprattutto alla consapevolezza dell’‘esperienza umana’ del consumatore .
La comprensione a livello razionale (knowledge, informazioni, dati) non è sufficiente per entrare nell’esperienza umana.
Occorre, se possibile, combinare metodologie qualitative, quantitative, online e in real life. Integrando eventualmente i social, ma solo se ben gestiti. Non indiscriminatamente. Non sono in alcun modo sostitutivi della ricerca.
Ciò che conta è che il lavoro sia condotto con un ‘mindset qualitativo’ e con un focus ‘human to human’. Il dato nudo e crudo non basta. E’ un ingrediente.
I bravi ricercatori sono gli esploratori della ricca e multidimensionale natura della dimensione umana, alla ricerca di risposte, ma soprattutto di un ‘senso’, o di una ‘logica’.
Sono ‘artigiani’ sensibili e ispirati, capaci di valorizzare al massimo le qualità della materia su cui lavorano. E, seguendo le logiche che si sviluppano durante il lavoro di analisi, sanno offrire risultati non solo sensati ed efficaci. Ma sorprendenti e gustosi.
L’Esperienza di un team di ricercatori affiatati, con talenti specifici e complementari, è di per sé un’Esperienza che tutti i Clienti dovrebbero fare! Non certo più costosa di tante piccole ricerche, di scarso respiro. O di shopping tra ‘prodotti’ di ricerca alla moda, costosi o ‘esclusivi’, poco e male utilizzati
E’ con un team multitalent che la ricerca prende un respiro ed una portata davvero speciali.
Non solo perché amplia enormemente la vision aziendale. Ma perché l’esperienza è potenziata dai talenti e dalle esperienze dei singoli professionisti. Dalla creatività e dalla passione di ciascuno. Un’esperienza ‘viva’ che saprà accompagnare a lungo il cliente…come nel caso di tutte le esperienze emozionanti, che ti entrano dentro.
Un altro ruolo importante dei ricercatori esperti è infatti proprio quello di accompagnare il cliente nella presa di coscienza di specificità e aspetti sottili, meno ovvii, della relazione tra consumatore e prodotto/marca. O delle dinamiche di mercato. Ma anche nell’utilizzazione di questa comprensione nell’ attivazione di potenzialità esistenti (azienda, prodotto, marca, industry…).
Un rapporto di partnership tra ricercatori e clienti, produce non solo ‘actionable results’ ma uno scambio ed una collaborazione non ottenibili con formule DIY.
Prima di proiettarsi (o catapultarsi) verso il futuro serve che, attraverso la ricerca, il Cliente operi un ‘radicamento’ della dimensione ‘umana’ del proprio mercato, Ed un consolidamento della stessa
Serve che questo sia fatto con regolarità. Deve diventare un’abitudine, come il respirare correttamente in ogni pratica sportiva o di concentrazione o di rilassamento.
Non mi sembra di usare, qui, termini sconosciuti. Parlare di ‘radicamento’ è un termine familiare a chiunque ritenga importante mantenere un buon l’equilibrio energetico.
Il ‘radicamento’ (nell’umano, nella vita vera, nell’universo) consente da un lato di riconnettersi, ricentrarsi, rigenerarsi, accedere al capitale di energia e di ispirazione. Liberandosi al tempo stesso da quanto ingombra o ostacola la realizzazione di un potenziale.
Il radicamento potenzia le risorse a nostra disposizione ed è essenziale per poter passare all’azione. Niente di più attuale e operativo dunque. Quando l’umano è connesso nella maniera giusta, è decisamente potente.
‘Connected’ e ‘Connectedness’
Anche se non siamo nativi digitali, oggi siamo tutti perlopiù ‘connessi’. Per molti è la normalità (o lo diventerà). Per moltissimi è ormai ‘vitale’. La ‘connectedness’ fa ormai parte della percezione di sé e del proprio potenziale (umano e tecnologico). Dà sicurezza.
La connectedness intesa in senso spirituale, c’era anche prima, c’è sempre stata. Ma questo è un altro tema, non divaghiamo.
La percezione ed il vissuto che abbiamo della ‘Vita reale’ e del ‘Tempo’ si sono trasformati.
Il futuro è già qui ed ora. E’ NOW. Si potrebbe quasi dire che il futuro è già superato nel momento stesso in cui lo si evoca. Lo si attiva. Lo si ‘agisce’.
La percezione attuale del tempo ci mette fretta. La Vita reale, infatti, anche nelle versioni più accelerate sembra …lenta. Con la tecnologia, l’unità di misura del tempo, oggi, è quella di un click.
Comunque, per quanto l’essere online diventi una condizione essenziale nella nostra esistenza, anche in questo caso ho l’impressione che ogni tanto ci dimentichiamo del fatto che siamo ‘umani’. O che molti vedano ormai l’umanità come la versione ‘basic’ di un esistenza che, in versione premium, è ‘Augmented’, ‘Experience enriched’ e fa sentire il consumatore ‘empowered’.
Siamo e restiamo umani perché siamo innanzitutto On life.
E’ una constatazione e al tempo stesso un invito alla riflessione ed un reminder ogni volta che ci dimentichiamo che:
- Solo la vita vera consente connessioni infinite, anche con altre dimensioni.
- Solo l’umano è in grado di ‘vivere la vita’ e ‘funzionare senza libretto di istruzioni’ (anche se alle volte ci farebbe comodo)
- Solo l’umano ha radici, ha valori, evolve
- Solo l’umano sa creare valore
- Solo l’umano ha la possibilità di sviluppare una coscienza
- E solo l’umano grazie all’attività congiunta di bilioni di neuroni, in ciascun lato del nostro cervello può produrre una ‘esperienza’. La propria esperienza, qui ed ora. Unica. E collegata a questa anche la consapevolezza della ‘propria’ esperienza.
Come molti colleghi ricercatori, in Italia e nel mondo, rivendico il fatto che un capitale di talenti fantastico e sfaccettato come il nostro, unito a quello dei clienti, users di ricerca e imprenditori dei settori più disparati, è un’opportunità umana e professionale e rara. Da sfruttare per costruire il futuro.
Amo da sempre, e continuo ad amare, il mio lavoro di ricerca, che consente decodifica ‘fine’ di esperienze, bisogni e aspirazioni, atteggiamenti valori, e vissuti dei consumatori nei loro rapporti con prodotti e marche. O l’analisi di preferenze, o resistenze, espresse a livello verbale, proiettivo, metaforico, o non verbale. Al di là dell’impoverimento e delle trasformazioni del linguaggio. Continuo ad apprezzare le opportunità e le sfide che l’esplorazione dell’umano comporta. Comprendere, comunicare e farsi comprendere. Interpretare correttamente, e trasmettere correttamente, senza stravolgere e senza banalizzare il senso autentico di vissuti, comportamenti. Fare attenzione ai segnali deboli. Garantire l’apertura a nuovi input e ispirazioni. Con la massima passione e volontà di collaborazione. Con la massima flessibilità. Con la massima curiosità di cui solo noi umani siamo capaci.
Clara Origlia, Ricercatrice, esperta in analisi dinamica, evolutiva, multiculturale di consumer insights. Sviluppo del potenziale (marche, prodotti, idee, servizi, progetti). Branding . Innovazione. Sensory & Experiential marketing . Design Thinking. Storytelling. Ricerche etnografiche. Sustainable Ageing, Senior e Silver Economy. Consulente in comunicazione e marketing strategico. Speaker. Docente di corsi di Master. Formazione. Coaching. Mentoring. Seminari, workshop a tema. In Italia e all’estero